THOMAS JEFFERSON & LA DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA (1776)

 
 

Thomas Jefferson

 

Thomas Jefferson nasce a Shadwell, in Virginia, il 13 aprile del 1743.

All’età di 18 anni è già diplomato presso il college di Williamsburg e, successivamente, intraprende la carriera di avvocato per poi avvicinarsi, nel 1769, a quella politica diventando parlamentare della Virginia.

 

Nel 1772 sposa Martha Wayles Skelton, sua unica compagna per tutta la vita, con la quale costruisce una numerosa famiglia: sei sono i figli che avranno assieme.

Jefferson, prima che presidente, è l’autore principale della dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti; l’atto è stato adottato il 4 luglio del 1776 e rappresenta una dichiarazione simbolica degli obiettivi della rivoluzione americana.

 

Dal 1785 al 1789 lavora come ministro americano in Francia e, una volta rientrato in patria, diventa segretario di stato sotto l’allora presidente George Washington.

 

Nel 1796 si candida alla presidenza senza vincere però le elezioni, ottenendo "soltanto" il posto di Vicepresidente sotto John Adams.

 

Cinque anni dopo viene finalmente eletto: Thomas Jefferson è il terzo Presidente degli Stati Uniti d’America. La sua presidenza è ricca di avvenimenti importanti e conferisce all’America un periodo di relativa stabilità. Infatti, nonostante la neutralità del paese fosse messa a rischio dalla guerra franco-inglese che incombeva, Jefferson riesce a mantenere la nazione fuori dai conflitti.

 

Durante il suo mandato, Thomas Jefferson con grande vigore cerca di promuovere un governo aperto e rappresentativo, si impegna per lasciare un’impronta di libertà di parola e, di fatto, con lui l’America raddoppia le sue dimensioni grazie all’acquisto della Louisiana dalla Francia.

Purtroppo però nella sua carriera emerge anche uno scandalo: molta speculazione viene fatta circa l’ipotesi che egli avrebbe avuto una relazione con una delle sue schiave, Sally Hemmings. Si sospettava addirittura che egli avesse avuto figli da lei. Il Presidente non ha mai negato pubblicamente le circostanze ma non ci sono mai state prove conclusive sull’accaduto.

 

Importante è stato anche il contributo in campo religioso, nel rapporto tra Chiesa e Stato. Jefferson viene infatti ricordato oggi come grande sostenitore di uno Stato laico; in questo contesto nel 1779 pubblica l’opera "Virginia Statute for Religious Freedom". Membro della chiesa episcopale, durante la sua carriera cercò inoltre di pubblicare una traduzione alternativa del Nuovo Testamento, molto più corta della versione originale; verrà pubblicata postuma con il titolo di "Jefferson Bible".

 

Dopo aver fatto comunque molto per la sua patria, Jefferson nel 1808 decide di ritirarsi dalla politica per tornare alla sua amata tenuta di Monticello (presso Charlottesville, Virginia), dove può dedicarsi ai suoi interessi, appassionarsi all’arte, alla scienza e all’architettura. Qui, dimostrando grande abilità in quest’ultima disciplina, si dedica ad alcuni progetti architettonici, tra cui la sua stessa casa, oggi dichiarati patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO.

 

Sempre nella terra a lui tanto cara, fonda l’Università della Virginia.

Thomas Jefferson si spegne il 4 luglio dell’anno 1826, nel giorno del 56° anniversario della Dichiarazione di Indipendenza americana. Nel medesimo giorno muore anche John Adams, suo amico e antagonista in politica.

 

Con il suo forte nazionalismo, il Presidente Jefferson ha lasciato un profondo segno nella storia del suo paese attraverso l’impronta data alla Costituzione Americana e alla politica in generale.

 

 

“Non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli.”

 

“Riteniamo che alcune verità siano di per sé evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali; che dal loro Creatore sono stati dotati di alcuni diritti inalienabili; che fra questi ci siano la vita, la libertà e la ricerca della felicità.”

 

(Thomas Jefferson)

 

 

Dichiarazione di indipendenza degli

Stati Uniti d’America

 

Proclamata il 4 luglio 1776 dalle colonie britanniche, rappresenta l’atto di nascita di un nuovo Stato, la prima cosciente reazione allo sfruttamento coloniale, la prima netta motivazione scritta di azione politica non in nome di tradizionali diritti storici, ma degli inalienabili diritti naturali dell’uomo: la vita, la libertà, la ricerca della felicità. Giorgio III è un tiranno che vuole stabilire nelle colonie un assolutismo dispotico. Le leggi della Natura, il Dio della Natura danno diritto al popolo delle colonie di proclamarsi indipendenti e di assumere lo stato di potenza tra le potenze della terra.
L’importanza fondamentale della Dichiarazione sta soprattutto nel trasferimento sul piano della lotta politica e dell’organizzazione statale di motivi fino ad allora dottrinari e culturali. Avrà profonde ripercussioni sui prossimi eventi francesi e in particolare nella stesura della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789).

 

L’Unanime Dichiarazione dei Tredici Stati Uniti d’America.

Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto ad un altro popolo ed assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata ed uguale a cui le Leggi della Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell’umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.

Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.

Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l’esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d’un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all’assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l’avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo. Quella dell’attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un’assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all’esame di tutti gli uomini imparziali e in buona fede.

  1. Egli ha rifiutato di approvare leggi sanissime e necessarie al pubblico bene.
  2. Ha proibito ai suoi governatori di approvare leggi di immediata e urgente importanza, se non a condizione di sospenderne l’esecuzione finchè non si ottenesse l’assentimento di lui, mentre egli trascurava del tutto di prenderle in considerazione.
  3. Ha rifiutato di approvare altre leggi per la sistemazione di vaste zone popolate, a meno che quei coloni rinunziassero al diritto di essere rappresentati nell’assemblea legislativa — diritto di inestimabile valore per essi e temibile solo da un tiranno.
  4. Ha convocato assemblee legislative in luoghi insoliti, incomodi e lontani dalla sede dei loro archivi, al solo scopo di indurre i coloni, affaticandoli, a consentire in provvedimenti da lui proposti.
  5. Ha ripetutamente disciolto assemblee legislative solo perché si opponevano con maschia decisione alle sue usurpazioni dei diritti del popolo.
  6. Dopo lo scioglimento di quelle assemblee si è opposto all’elezione di altre: ragion per cui il Potere legislativo, che non può essere soppresso, è ritornato, per poter funzionare, al popolo nella sua collettività, — mentre lo Stato è rimasto esposto a tutti i pericoli di invasioni dall’esterno, e di agitazioni all’interno.
  7. Ha tentato di impedire il popolamento di questi Stati, opponendosi a tal fine alle leggi di naturalizzazione di forestieri rifiutando di approvarne altre che incoraggiassero la immigrazione, e ostacolando le condizioni per nuovi acquisti di terre.
  8. Ha fatto ostruzionismo all’amministrazione della giustizia rifiutando l’assentimento a leggi intese a rinsaldare il potere giudiziario.
  9. Ha reso i giudici dipendenti solo dal suo arbitrio per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l’ammontare e il pagamento degli stipendi.
  10. Ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi.
  11. Ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell’autorità legislativa.
  12. Ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.
  13. Si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti a:
    1. acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;
    2. proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti di questi Stati;
    3. interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;
    4. imporci tasse senza il nostro consenso;
    5. privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;
    6. trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;
    7. abolire il libero ordinamento dileggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed estendendone i confini si da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste Colonie lo stesso governo assoluto;
    8. sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme dei nostri governi;
    9. sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi caso.

Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.

Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del nostro popolo.

Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l’opera di morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.

Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi per mano di questi.

Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione.

Ad ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe, il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a governare un popolo libero.

E d’altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri rapporti.

Anch’essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò, rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.

Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell’Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l’autorità del buon popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo:

Che queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, Stati liberi e indipendenti;

che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare. E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza, reciprocamente impegnamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.

John Mancock
(Seguono 55 firme di Rappresentanti dei 13 Stati)

 

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